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autore
brano
 
Cicerone
De Natura Deorum III,68
 
originale
 
[68] Huic ut scelus, sic ne ratio quidem defuit. Quid ille funestas epulas fratri conparans nonne versat huc et illuc cogitatione rationem: 'Maior mihi moles, maius miscendumst malum, qui illius acerbum cor contundam et conprimam.' Nec tamen ille ipse est praetereundus, 'qui non sat habuit coniugem inlexe in stuprum.' De quo recte et verissume loquitur Atreus: 'Quod re in summa summum esse arbitror periclum, matres coinquinari regias, contaminari stirpem, admisceri genus.' At id ipsum quam callide, qui regnum adulterio quaereret: 'Addo', inquit, 'huc, quod mihi portento caelestum pater prodigium misit, regni stabilimen mei, agnum inter pecudes aurea clarum coma quondam Thyestem clepere ausum esse e regia, qua in re adiutricem coniugem cepit sibi.'
 
traduzione
 
68. A costei come non manc? lo spirito criminale, cos? non venne meno la ragione. E che dire di quell'altro personaggio che appresta al fratello l'orribile banchetto? Non ? forse impegnato in tutta una serie di considerazioni dettate dalla ragione? ? Qualcosa di pi? grosso, una pi? grave atrocit? io debbo perpetrare per colpire e schiacciare il suo duro cuore ?. Neppure va sottovalutato l'altro che: ? non ne ebbe abbastanza di aver adescato la moglie (del fratello) ? e a proposito del quale Atreo dice giustamente e con piena aderenza alla realt?: ? Quando si ? al potere questo io penso che sia il peggior pericolo., che si violentino le matrone regali, che si contamini la stirpe, che si mescoli il sangue ?. Ma con quanta astuzia questo medesimo delitto viene preparato dal fratello che si serve dell'adulterio per impossessarsi dei potere: ? A ci? aggiungi (dice Atreo) che una volta Deite os? sottrarre dal mio palazzo un animale portentoso che il padre dei celesti mi invia quale conferma del mio potere: un agnello dal vello d'oro, il pi? bello dei gregge; ed in questa impresa prese come complice mia moglie ?
 

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